La città

Al termine dell’Adriatico, nel punto più orientale d’Italia, nel cuore del Mediterraneo, si trova Otranto. Più vicina all’Oriente che all’Occidente, è al centro delle simmetrie e delle asimmetrie che il “mare nostrum” ha disegnato nel corso dei millenni. Il suo tessuto urbano mostra tracce, lemmi, stratificazioni, glosse di una storia millenaria dove, l’Europa tutta, incontra la civiltà meridiana. La città, luogo di seduzione infinita, permette di visitarla distrattamente solo ai turisti frettolosi ed a coloro che sono attratti dalle bancarelle dei mercatini. Gli altri ne vivono inesorabilmente il fascino che li accompagnerà per sempre. Molti luoghi regalano visioni di mondi perduti: le grotte del Cervo di epoca neolitica, i megaliti che dal Capo d’Otranto s’inoltrano nell’interno della penisola salentina, i resti della civiltà dei Messapi, degli Iapigi, degli Haethei, i riferimenti ai misteriosi Pelasgi. Il nome è di derivazione greca, costituito dalle parole acqua e monte. La Cattedrale si pone, maestosa, sulla linea in cui il sole collega l’Est e l’Ovest, ne segna il cuore metafisico. Al suo interno, un pavimento musivo si dipana attorno ad un gigantesco “arbor vitae”, brulicante di simboli laici e religiosi. Narra molte cose, Otranto, al visitatore attento: delle crociate e dei Normanni, dei megaliti e dei Messapi, dei Greci, Romani, dei misteriosi popoli del Mediterraneo. Sorprende ed ammalia, ferisce ed attrae, Otranto non lascia mai nessuno indifferente.

 

I monumenti

Sia che si arrivi dal mare, sia che la si guardi dall’alto, Otranto colpisce subito per l’architettura militare del Rinascimento. I possenti bastioni avvolgono il nucleo storico come le braccia di un uomo. Al tempo in cui l’Impero romano si divise in due, questa città divenne l’avamposto di Costantinopoli. I Turchi la conquistarono, nel 1480, nel 1481 gli Aragonesi liberano la città ed avviene una vera a propria rivoluzione architettonica: le torri alte e strette sono abbassate ed allargate, nei fossati introdotte “scarpa” e “controscarpa”. Appena giunti nei giardini pubblici, si vede l’arco di Portaterra, la Torre Alfonsina ci minaccia ancora con caditoie e feritoie. Pochi passi per incontrare Lei “La Signora di Otranto”, la Cattedrale dell’XI secolo. Grazie al rigore formale tipico del romanico gotico pugliese, essa riesce a dare forma spaziale all’elemento più incorporeo che esista: la luce. All’interno, il nostro sguardo sarà assorbito totalmente ed inesorabilmente dall’immenso, splendido e misterioso pavimento musivo che racchiude sia la sacralità cristiana che il concetto stesso del Sacro: il grande Arbor Vitae il leone quadricorpore, Alessandro Magno, Noè, il diluvio, la sirena bicaudata, Re Artù. Nella navata destra una cappella conserva le ossa dei Martiri decapitati nel 1480 dai turchi. Una cripta ci sorprende con un labirinto di colonne e capitelli sempre diversi. In un piano ancora inferiore si sviluppa quello della valle delle Memorie: quest’ultimo presenta un dromos e numerosi arcosoli, nei dintorni, numerose cripte di monaci italo-greci. La piazza del Castello, mostra i suoi fossati, la fortezza domina tutto lo spazio, il suo ingresso è sormontato dagli stemmi di Alfonso d’Aragona ideato da Ciro Ciri e dal genio dell’architettura militare italiana: Francesco di Giorgio Martini. L’aspetto di questo maniero è insieme austero ed elegante; solare e tondeggiante com’è, appare lontanissimo dalla descrizione gotica e fantastica che ne dà O. Walpole nel suo the Castle of Otranto. L’impronta tangibile della chiesa orientale in Otranto è l’Edicola bizantina di S. Pietro, costruita nei sec. V-VIII e poi ricostruita verso il XII sec. A croce greca con cupola centrale, è interamente affrescata. Sembra sorgere dal terreno quasi volesse innalzarsi e levitare. Solitari ed imponenti svettano, poco a sud della città, i resti dell’antica abbazia di San Nicola de Casulis (VIII – XII sec.); cenobio basiliano in cui operavano copisti e scrittori come Nettario di Casole. Le torri costiere e le masserie fortificate sono una nuova trama, un altro capitolo che infittisce la costa e le campagne di splendide architetture.

 

La costa

Le onde dell’Adriatico hanno giocato a lungo con Otranto disegnando una costa varia: lunghe spiagge al riparo dalle dune, piccole insenature con la macchia mediterranea, costa alta dove la falesia si tuffa in mare, baie, isolotti, faraglioni, grotte. L’uomo vi ha aggiunto torri e fortificazioni, masserie, nomi e leggende. Partendo dalla costa nord, Frassanito scopre un fine acciottolato nascosto dalla pineta, poco oltre vi è la Torre che lo divide dalla lunga Alimini, dove, tra le dune, vi sono i “Crigni” (capelli) le caratteristiche venature nere tra la sabbia, disegnate dalla carbonella. Alìmini, o Alimìni, è un nome, con ogni probabilità, di derivazione greca; equivarrebbe al latino “sal stat”; potrebbe anche derivare da “limne” stagno e ciò alluderebbe ai due laghi: “fontanelle” (sorgenti di acqua dolce) ed “Alimini”. Baia dei Turchi: una serie di piccole calette che nascondono spiagge che avevano, anticamente, funzione di approdo. Mulino d’Acqua: una serie di piccole grotte ed una, più ampia, con la volta crollata. Grotta Monaca è una grotticella che in passato presentava una stalagmite a forma di monaca. Il “Faro Bianco” segna l’ingresso del porto. La città si dispone ad accogliere chi giunge dal mare ma, il Bastione dei Pelasgi segna un limite invalicabile. Alle spalle del porto, la torre del Serpe fa la guardia ad una costa aspra che degrada, poi, dolcemente, nella grande baia dell’Orte. A Orte da Ortor, dove sorge il sole, s’innalza il capo d’Otranto con il suo faro. Alle spalle è Sant’Emiliano, insenatura dalle acque limpidissime, con al centro un piccolo isolotto. Da qui arriviamo a Porto Badisco, il luogo in cui Virgilio immaginò l’approdo di Enea. Bellezza e suggestione, natura e storia, trasportano il visitatore in un viaggio unico, mai banale, sempre diverso e, per molti versi, unico.